Abbiamo avuto modo di confrontarci sul tema della comunicazione scientifica efficace e consapevole, dialogando con il Prof. Moretti a proposito dei rapporti tra politica, scienza e comunicazione.
Pier Francesco Moretti è un fisico con una carriera multidisciplinare che spazia dalla sismologia solare alla scienza marina, dalle scienze dei materiali alla politica scientifica. Con oltre 90 pubblicazioni internazionali e una lunga esperienza in progetti di ricerca globale, Moretti rappresenta una figura di spicco nella scienza applicata alla sostenibilità e alla comunicazione scientifica. In qualità di responsabile per le attività internazionali del CNR e di fondatore della School for Science in Decision-making (School4SID), è un promotore di una comunicazione scientifica efficace, consapevole e informata, tema di grande interesse per MediaLab. Attraverso questa breve intervista, puntiamo a esplorare come scienza e media possano lavorare insieme per favorire una maggiore comprensione delle sfide ambientali e decisionali.
Professor Moretti, il suo lavoro abbraccia diverse aree scientifiche e le sue attività hanno spesso una rilevanza strategica per la politica scientifica. Secondo lei, quali sono i maggiori ostacoli alla comunicazione scientifica efficace verso il pubblico e verso i decisori politici? Quale ruolo crede possa avere l’alfabetizzazione mediatica per affrontare queste sfide?
Innanzitutto ci sono due linguaggi: quello naturale e quello scientifico. Quello scientifico necessita di competenze e percorsi spesso lunghi e impegnativi, come in molte altre professioni in generale. La comunicazione scientifica quindi penso abbia due opzioni per rendere comprensibili e/o attrattivi i propri messaggi: usare le cosiddette euristiche, ovvero “semplificare i concetti” con esempi facilmente associabili all’esperienza comune, oppure concentrarsi su “argomenti semplici”, ovvero che possano dare un ruolo attivo al destinatario. Penso che il problema attuale sia che ormai ci si concentri maggiormente su consenso e visibilità invece di neutralità e completezza del messaggio scientifico. E questo specialmente quando si coinvolgono ricercatori per comunicare direttamente col grande pubblico, e che a volte portano i propri interessi, intesi non come economici, alla ribalta.
Con la sua esperienza nel campo delle negoziazioni e delle decisioni, ha creato un percorso formativo innovativo con School4SID. Quali sono le competenze chiave che considera essenziali per formare i comunicatori e i decisori di domani? E in che modo questi strumenti possono aiutare a rafforzare il senso critico in chi si avvicina a temi complessi come quelli scientifici e ambientali?
Quello che ho imparato lavorando 12 anni nel contesto delle negoziazioni a livello europeo, dove interessi e culture diverse si intrecciano in una macchina decisionale estremamente complicata, è che i “numeri” non hanno lo stesso significato se inseriti in diversi contesti. Per questo i “fatti” prodotti o riferiti dalla cosiddetta “scienza dura”, quella fatta di leggi matematiche, modelli, e formule, come ad esempio l’aumento della temperatura globale negli ultimi decenni, non sono l’aspetto principale su cui si basano le decisioni politiche. Queste infatti tengono conto di comportamenti ancestrali, di aspetti economici, psicologici, sociali ecc..
In pratica, School4SID ha declinato e sviluppato il concetto di complessità intesa non come somma di aspetti ma nella loro modalità di interconnessione, nei percorsi di negoziazione, dialogo, ricerca di soluzioni che siano fattibili e efficaci alle problematiche. La negoziazione e la lobby necessitano delle professionalità, così come la comunicazione, che secondo me non si improvvisano. Con School4SID abbiamo sviluppato diversi corsi di formazione e siamo disponibili a iniziare e disegnare percorsi anche con il supporto dei professionisti nella comunicazione.
Secondo lei su cosa dovrebbe concentrarsi l’attenzione dei media a proposito della salvaguardia dell’ambiente marino? Quali sono le priorità riguardo la sensibilizzazione dell’opinione pubblica per una comunicazione scientifica efficace e consapevole?
Personalmente ho seguito a Bruxelles la nascita delle politiche anti-plastica e che, indipendentemente dalla dimostrazione scientifica dell’impatto negativo come elemento non nativo nell’ambiente incontaminato, ha raggiunto un livello di attenzione del pubblico altissimo se paragonato ad altre minacce riconosciute come tali. Le campagne di sensibilizzazione a livello mediatico hanno sicuramente influenzato i comportamenti legati al rispetto dell’ambiente, ma diverse esperienze ci hanno dimostrato che la conoscenza del mare è estremante limitata solo ad alcuni “argomenti facili”. Ritengo che le argomentazioni che ho riferito nella mia prima risposta sono molto riscontrate quando si parla di mare.
Ho molta fiducia nei giovani e nella loro capacità di trovare soluzioni innovative e al momento sconosciute. Mi aspetto che gli scienziati in generale si impegnino per mantenere il proprio supporto il più possibile neutrale, inclusivo, spesso politicamente scorretto e fuori moda, e specialmente con l’adozione di un metodo scientifico che non può e non deve essere travisato in funzione di interessi personali di carriera professionale o ritorno di ascolti. A me piace molto l’uso del paradosso (come facevano i greci?) come metodo educativo, accompagnato da una corretta descrizione dei limiti sia teorici che operativi di alcuni messaggi. In ultimo, penso che la sensibilizzazione dell’opinione pubblica debba essere accompagnata da percorsi scolastici, per poter rendere le nuove generazioni capaci di sviluppare un pensiero critico adeguato.