Un interessante scambio con il Dott. Alessandro Rossi su intelligence, media, informazione consapevole e sviluppo del senso critico.
Alessandro Rossi è un esperto di intelligence (processo di raccolta, analisi e utilizzo di informazioni per supportare la sicurezza nazionale e prendere decisioni informate) applicata all’innovazione e al digitale, con una solida formazione in ambito finanziario. Con circa vent’anni di esperienza come analista freelance per istituzioni e aziende, si occupa della preparazione di scenari di mercato e di analisi di contesto a breve e medio termine. La sua competenza nella strategia di intelligence aziendale e nel valutare l’impatto dell’innovazione sui contesti socio-economici lo rende una figura centrale per comprendere come la tecnologia possa influenzare la comunicazione e il pensiero critico, temi di grande interesse per MediaLab. Attraverso questa intervista, esploriamo la visione di Rossi sul rapporto tra innovazione, intelligence, media e informazione consapevole.
Dottor Rossi, la sua esperienza in ambito di intelligence aziendale e analisi dei contesti innovativi le consente una visione privilegiata sulle trasformazioni digitali e sociali. In che modo l’intelligence può essere un supporto per migliorare la comprensione pubblica di questi cambiamenti, favorendo un’informazione più consapevole?
Il ruolo dell’intelligence nell’ambito dell’innovazione è fondamentale nel decodificare la complessità delle trasformazioni digitali e sociali in atto. L’intelligence moderna non si limita alla mera raccolta dati, ma sviluppa una comprensione sistemica dei fenomeni attraverso l’analisi predittiva e l’interpretazione dei segnali deboli del cambiamento. Questo vale per qualsiasi ambito organizzativo, aziendale, istituzionale o sociale, in cui essa opera.
Per migliorare la comprensione dei fenomeni l’operatività è su tre livelli. Nel primo si trasforma la massa di dati grezzi in informazioni utilizzabili, permettendo ai decisori di comprendere realmente l’impatto delle innovazioni. Col secondo si sviluppano modelli interpretativi che collegano i cambiamenti tecnologici alle loro ricadute sociali, economiche e comportamentali. Infine si condividono queste analisi in modo accessibile e con la trasparenza consentita dal mantenimento della competitività, non solo economica, dell’organizzazione di riferimento.
La missione dell’intelligence è costruire ponti tra la complessità e la società civile: ciò vale in misura maggiore per i fenomeni derivanti dall’innovazione tecnologica. Attraverso report, analisi di scenario e attività di divulgazione, si aiutano cittadini e organizzazioni a navigare il cambiamento con maggiore consapevolezza e a decodificarlo. Non si tratta solo di informare, ma di fornire chiavi di lettura per interpretare autonomamente i fenomeni.
L’intelligence diventa così uno strumento di ‘empowerment’ collettivo: essa crea valore informativo per promuove dibattiti informati sulle sfide derivanti trasformazione digitale. Solo attraverso una comprensione condivisa e consapevole si può governare il cambiamento invece di rifiutarlo o subirlo passivamente.
Lei partecipa a progetti formativi per sensibilizzare le aziende e il pubblico sui temi dell’intelligence, dell’innovazione e della privacy digitale. Quali strumenti o competenze ritiene indispensabili oggi per interpretare e comunicare i rischi legati al digitale e per formare cittadini e professionisti dotati di senso critico?
Ritengo che oggi servano competenze ibride, che uniscano la comprensione tecnica alla capacità di valutazione critica dei rischi.
Anzitutto lo sviluppo del pensiero analitico: decostruire i fenomeni innovativi nelle loro componenti, identificando vulnerabilità e interdipendenze. Non è sufficiente conoscere la tecnica, bisogna capire come le nuove tecnologie si inseriscono negli ecosistemi aziendali e sociali.
Saper dare significato ai dati e interpretarli correttamente, e cioè applicare i principi della ‘data literacy’. Valutare criticamente le fonti, distinguere i segnali dal rumore informativo e comprendere i meccanismi di elaborazione dell’informazione sono componenti essenziali.
Avere competenza comunicativa è un altro fattore di base: i professionisti devono saper tradurre concetti complessi in messaggi chiari e utilizzabili.
I destinatari delle analisi sono gruppi fluidi ed eterogenei per caratteristiche, sociali e culturali, delle componenti e per le diverse loro abitudini di utilizzo dei media. L’obiettivo è che l’informazione, per essere utile, raggiunga i target e catturi la loro attenzione.
Il fine è né dare tutto per scontato né creare allarmismo, ma promuovere consapevolezza attiva. Un cittadino o un professionista formato deve saper navigare l’ambiente digitale riconoscendo minacce e opportunità, maturando ‘resilienza digitale’. Questo significa non solo proteggersi ma sviluppare la capacità di rispondere efficacemente ai problemi quando, e non se, si verificheranno.
Secondo la sua esperienza, come possono i media contribuire a sensibilizzare il pubblico su sicurezza economica e innovazione senza creare allarmismo, ma favorendo al contrario un approccio critico e costruttivo e un’informazione consapevole?
I media hanno un ruolo cruciale nel plasmare la percezione pubblica dei rischi e delle opportunità sociali ed economiche derivanti dalla tecnologia.
È essenziale contestualizzare le notizie all’interno di trend più ampi, sistemici. Le focalizzazioni sulla singole notizie, che riguardano l’innovazione tecnologica, dovrebbero sempre comprendere anche riferimenti ai percorsi evolutivi e alle interrelazioni. In questa maniera i media possono aiutare il pubblico a comprendere.
In secondo luogo, servono narrazioni equilibrate tra la descrizione dei rischi e la presentazione delle soluzioni. Il sensazionalismo mediatico spesso paralizza invece di attivare. I media dovrebbero adottare un approccio solution-oriented, presentando casi di successo e best-practice insieme alle criticità.
Infine, è fondamentale dare spazio alle voci degli esperti e alle analisi approfondite, privilegiando il fact-checking e la verifica delle fonti. Gli studi dei trend continuano a evidenziare che, nonostante tutto, il pubblico apprezza contenuti di qualità che aiutino a sviluppare strumenti di analisi critica.
L’intelligence dell’innovazione può essere il ‘ponte informativo’ tra gli esperti del settore e gli operatori dei media fornendo chiavi di lettura, per fenomeni complessi, accessibili al pubblico e aiutando a creare centri di confronto informati, critici e costruttivi.